Volti di Cuggiono

Una voce di donna echeggia in lontananza, diffondendosi regale attraverso le vie limitrofe alla piazza. Anziana, nella sua autenticità, porta con sé il fascino di un paese di provincia vissuto, che nelle gesta della gente rivive senza mai ossidarsi.
Passeggio, immerso nei pensieri più intimi. Le biciclette mi passano accanto. E con esse, il tempo scandito a ritmo di suoni e profumi che le piccole botteghe regalano a chi vi cammina vicino. Hanno sempre la porta aperta, un semplice segno di benvenuto. Il fascino nostrano di una realtà ancora viva emerge dalla semplicità degli occhi che incontro. Passo dopo passo.
Penso a quando ero bambino. Cuggiono era il sapore di un sabato a pranzo dai nonni, dopo due passi al mercato. Il capofamiglia giocava a carte con gli amici, tralasciando l’aroma di sigaretta condensato tra le dita delle sue mani. Le storie che popolavano questo piccolo paese, donavano spirito e curiosità, acceleravano la voglia di guardare, di capire e di amare.
Capita anche di partire. E lasciare tutto. Non curanti della propria terra, della propria gente, delle proprie radici. Ci si imbarca su navi fatte di sogni e speranze, su aerei che in poche ore portano dall’altra parte del mondo. A volte, un piccolo paese può assumere le sembianze di una prigione a cielo aperto, lontana dalla vita apparentemente reale, dalla società che corre verso un futuro, spesso non a misura d’uomo.
Lontani dal luogo dell’infanzia, dalle proprie ancore di sicurezza, può succedere a distanza di tempo, di ripensarci e voler tornare a calpestare la terra fuori dall’uscio di casa nostra. Riscoprire il piacere di quell’aria che ha donato la luce. Curiosare con lo stato d’animo di un bambino cresciuto. E forse comprendere chi sta accanto.
Nella quiete notturna di una Cuggiono di inizio autunno, che porta alla riflessione, ci si può soffermare tra una pagina e l’altra di un libro e sentire il desiderio di annotare qualche riga su un taccuino: “Ogni posto è una miniera. Basta lasciarcisi andare, darsi tempo, stare seduti in una casa da tè ad osservare la gente che passa, mettersi in un angolo del mercato, andare a farsi i capelli e poi seguire il bandolo di una matassa che può cominciare con una parola, con un incontro, con l’amico di un amico di una persona che si è appena incontrata e il posto più scialbo, più insignificante della terra diventa uno specchio del mondo, una finestra sulla vita, un teatro di umanità dinanzi al quale ci si potrebbe fermare senza più il bisogno di andare altrove”.
Un pensiero come tanti del buon Tiziano Terzani, che a Cuggiono, sicuramente, non ci è mai neppure passato. Eppure è come se “qualcosa”, in tempi andati, lo avesse portato qui.