Serie Imperfetta
Si percepisce camminando, il continuo flusso del disequilibrio che ci porta ad essere, involontariamente, persone incoscienti pur di portare a termine un altro passo. Lo si vede negli occhi di una donna poco più che ragazza, un’assenza che la rende fonte attendibile. Si sente nella voce e nelle risa alterate dall’imbarazzo, un neo che nella sua autenticità, dona un profumo strettamente allacciato al reale.
Sanno di vita i respiri affannati, i battiti irregolari, le urla sguaiate e gli sguardi poco convinti di chi, per qualche istante ha deciso di condividere il suo tempo con lo specchio.
Ci si accorge poi, di come la perfezione esteriore abbia la capacità di controllare il nostro io lacerato, tritato e imbalsamato, per essere all’altezza e affrontare il quotidiano passando inosservati.
Eppure l’uomo è fatto pressoché di acqua e difetti, anche se di quest’ultimi non vi è nessuna formula chimica, se non nelle incomprensibili espressioni lasciate nei database di qualche laboratorio scientifico.
Cosa succederebbe se un giorno decidessimo di scambiare le parti, di girarci al rovescio come una camicia nella cesta del bucato? Eppure la vediamo tutti i giorni, la camicia. E noi?
Di colpo, in un centoventicinquesimo di secondo, raggiungiamo la perfezione interiore. Ma fuori restiamo distrutti. Il nostro ritratto giungerebbe al compimento e finalmente gioirebbe in tutto il suo splendore, forse accentuando una velata malinconia.
“Serie imperfetta” nasce da queste radici, un’idea di rappresentazione con atteggiamento sicuro e allo stesso tempo incosciente. L’altra faccia di un volto, scandagliato attraverso supporti estetici, creati espressamente per estrapolare una parte di noi. Ciò che l’animo dell’uomo tiene nascosto.